Il cellulare fa bene al cervello?

Uno studio di alcuni ricercatori italiani mette in luce come l'esposizione ai campi elettromagnetici del telefonino possa essere utilizzato a scopo diagnostico

Il cellulare fa bene al cervello?

Puntualmente qualche detrattore delle nuove tecnologie accusa il telefonino di essere portatore di nuove patologie non solo psicologiche (come la dipendenza da
cellulare) ma anche fisiche, e puntualmente in molti di noi sorge il dubbio che ci sia del vero in tutto questo.

Ora, per una volta, una ricerca esalta l'uso del cellulare come valido aiuto per "allenare" il cervello. Secondo questo studio chiacchierare al telefonino stimolerebbe
infatti la corteccia cerebrale e il GSM potrebbe essere utilizzato per coloro, giovani e meno giovani, che soffrono di declino cognitivo. Non si esclude inoltre la
possibilità che il telefonino venga utilizzato nello sviluppo di terapie "scudo" per la memoria e l'attenzione che diminuiscono con l'andare degli anni.

Una precedente ricerca, condotta sempre da un gruppo di ricercatori italiani sotto la guida di Paolo Maria Rossini, direttore scientifico dell'Associazione
Fatebenefratelli per la ricerca biomedica e sanitaria (AFaR), aveva dimostrato che l'esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza di bassa intensità, tipo
quelli emessi dai cellulari, è in grado di modulare per diverse decine di minuti l'eccitabilità della corteccia cerebrale di giovani sani. Questo nuovo progetto, presentato a Brescia nel corso del X Congresso nazionale AFaR, si pone l'obiettivo di verificare se l'esposizione a questi campi elettromagnetici può giovare anche a persone anziane con declino cognitivo, mettendo a confronto i risultati con un gruppo di coetanei in normali condizioni.

Gli effetti di questi dispositivi, peraltro già noti, sul cervello umano fanno ben sperare in quanto dimostrano un'effettiva modifica dell'eccitabilità della corteccia
in maniera statisticamente rilevante nei soggetti con decadimento cognitivo, mentre per il momento non si sono rilevati effetti deleteri sul cervello di persone non
affette da questa patologia.

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